Transiti
Il fenomeno dei transiti dei pianeti sul Sole

La Terra è il terzo pianeta per distanza dal Sole. I pianeti Mercurio e Venere si trovano più vicini alla nostra stella di quanto lo siamo noi e quindi le lore orbite sono interne all'orbita della Terra. Per questo motivo Mercurio e Venere sono chiamati pianeti interni. L'osservazione dei pianeti interni dalla Terra può a volte essere difficoltosa in quanto essi non si allontanano mai troppo dal Sole e, in alcune circostanze, passano dietro o davanti al disco solare. Quando Mercurio o Venere, osservati dalla Terra, passano davanti al Sole si verifica un transito. Durante un transito la parte non illuminata dei pianeti interni si staglia come un piccolo disco nero sulla luminosissima superficie solare e possono essere visti e fotografati utilizzando appositi filtri per proteggere gli occhi o le fotocamere dai raggi del Sole.

Transito di Mercurio - 7 Maggio 2003 Transito di Venere - 8 Giugno 2004
QUANDO SI VERIFICA UN TRANSITO?

Detto che i pianeti interni ruotano attorno al sole seguendo un'orbita più piccola di quella della Terra è facile immaginare che un transito si verifica quando il pianeta interno si trova in linea tra il Sole ed il nostro pianeta. Osservando l'immagine qui sotto che rappresenta il Sole, il pianeta interno e la Terra visti "dall'alto" ed immaginando la Terra ed il pianeta interno che ruotano in senso antiorario lungo le rispettive orbite si potrebbe immaginare che questo allineamento avvenga piuttosto spesso, ogni anno terrestre o anche meno (in quanto i pianeti interni ruotano attorno al Sole più velocemente della Terra in accordo con la terza legge di Keplero). Questa deduzione è comprensibile se ci si lascia ingannare dalla rappresentazione bidimensionale del mio disegno che fa credere che le orbite della Terra e del pianeta interno si trovino tutte sul medesimo piano.

Nell'immagine seguente ho spostato il punto di vista per rendere più facile intuire che questa complanarità delle orbite in realtà non esiste. In questa seconda rappresentazione ci si può rendere conto che l'orbita del pianeta interno è inclinata rispetto a quella della Terra. Ora dovrebbe essere evidente che è necessaria una condizione in più perché si verifichi il transito: il pianeta interno deve trovarsi, oltre che in linea tra la Terra ed il Sole, anche in uno dei due punti in cui la sua orbita interseca il piano su cui giace l'orbita terrestre (il cosiddetto piano dell'eclittica). Questi due punti si chiamano nodi. In particolare il nodo ascendente e quello in cui il pianeta passa dalla parte di orbita sotto l'eclittica alla parte sopra, e nodo discendente quello in cui il pianeta passa dalla parte di orbita sopra l'eclittica a quella sotto. In questo esempio il pianeta si trova sul nodo discendente (ricordando che i pianeti ruotano in senso antiorario, come indicato dalle frecce rosse).

Se il pianeta interno si trova tra il Sole e la Terra esattamente al passaggio da uno dei nodi avrà luogo un transito centrale, ovvero un transito in cui il pianeta, visto dalla Terra, passerà esattamente al centro del disco solare. Se invece l'allineamento avverrà vicino ad uno dei nodi, ma non esattamente al nodo, si potrà avere un transito non centrale o anche un transito parziale. In un transito parziale il disco del pianeta non entra completamente sul disco solare.

Sul sito NASA - Planetary Transit potrete trovare alcune date dei transiti di Mercurio e Venere passati e futuri. Date ed orari sono riferiti al momento centrale del transito e sono in Tempo Universale. Ricordo che per conoscere il Tempo Locale (riferito all'Italia) bisogna aggiungere al Tempo Universale un'ora (o due quando è in vigore l'ora legale). E' evidente che perché un transito sul Sole sia visibile è necessario che sia visibile il Sole, quindi i transiti realmente visibili da una certa località lo saranno solo se il transito avviene tra l'alba ed il tramonto.

COSA SI PUÒ IMPARARE DA UN TRANSITO?

Grazie agli studi degli astronomi ed in particolare alla terza legge di Keplero già nel XVII secolo si aveva un'idea piuttosto precisa della scala del sistema solare, ovvero si conoscevano le distanze dei pianeti dal Sole in rapporto alla distanza della Terra dalla nostra stella. Si assunse come unità di misura l'Unità Astronomica (UA), pari alla distanza media Terra-Sole. In questo modo si poteva dire che la distanza tra i pianeti ed il Sole era:

 0.3871 UA
 0.7233 UA
 1 UA
 1.524 UA
 5.203 UA
 9.59 UA

Purtroppo non v'era chiarezza su quale fosse il valore assoluto dell'Unità Astronomica, ad esempio in chilometri. Questa mancanza impediva di conoscere le reali dimensioni del sistema solare. Era diventato quindi imperativo tentare di ottenere una qualunque distanza planetaria assoluta in modo da poter calibrare l'Unità Astronomica e conoscere così tutte le distanze planetarie in modo assoluto. L'astronomo Edmond Halley propose un metodo per calcolare la parallasse solare durante un transito del pianeta Venere e da questa ricavare la distanza Terra-Sole (ovvero il valore assoluto dell'Unità Astronomica).

Johannes Kepler (1571-1630) Edmond Halley (1656-1742)

Il metodo di Halley si basava sull'osservazione contemporanea del transito da parte di due o più osservatori posti a grande distanza sulla Terra. Questi osservatori avrebbero dovuto misurare la durata del transito. Poiché i due osservatori vedranno Venere su due corde distinte, una più corta dell'altra, la differenza di lunghezza delle corde avrebbe causato una differenza della durata del transito

La differenza tra le durate avrebbe permesso di calcolare, conoscendo la distanza tra i due luoghi di osservazione, la distanza assoluta tra il Sole e la Terra, ovvero il valore dell'Unità Astronomica. In pratica questo metodo non è molto semplice da applicare a causa della difficoltà nello stabilire il momento esatto dell'inizio e della fine del transito e nei piccolissimi angoli della parallasse solare. Il miglior risultato ottenuto con il metodo di Halley pose, nel 1772, l'Unità Astronomica pari a 149'498'387 km. Il valore misurato nel 1990 dai radar della NASA è stato di 149'597'836.257 km.

COSA SI PUÒ OSSERVARE DURANTE UN TRANSITO?

Una cosa senz'altro interessante e divertente che un astrofilo può fare durante un transito è misurare con la maggior precisione possibile la durata del medesimo. A questo proposito bisogna accordarsi su come si devono definire l'inizio e la fine di un transito.

L'istante in cui il bordo del pianeta arriva a toccare la parte esterna del disco del Sole è definito Primo Contatto (I). Il punto in cui il pianeta in entrata viene completamente circondato dal Sole si definisce Secondo Contatto (II) o, a volte, Primo Contatto Interno. Quando il pianeta si trova nella metà esatta del transito si troverà anche alla minima distanza dal centro del disco solare. Quando il pianeta che si appresta ad uscire dal Sole arriva a toccare il bordo solare si ha il Terzo Contatto (III), a volte chiamato Secondo Contatto Interno. Infine il Quarto Contatto (IV) si ha nell'istante in cui il disco del pianeta esce dal disco solare. Normalmente la durata di un transito si cronometra tra il II ed il III contatto dato che questi sono più facili da determinare del I e del IV.

8 Giugno 2004 - II contatto 8 Giugno 2014 - III contatto

Durante il transito di Venere dell'8 Giugno 2004, che ho osservato e fotografato da una località della Toscana posta a 44° 23' 30" Nord di latitudine e 9° 56' 34" Est di longitudine, ho cercato di cronometrare gli istanti del II e del III contatto confrontandoli poi con quelli calcolati dal software MICA dell'U.S. Naval Observatory. Ecco i risultati:

  Predizione di MICA Tempi rilevati
05:39:50.2 UT 05:40:30 UT
11:04:29.9 UT 11:03:30 UT

Come potete constatare vi sono delle differenze seppure minime. In particolare, rispetto alle previsioni di MICA, io ho registrato il II contatto con 40 secondi di ritardo ed il III contatto con 60 secondi di anticipo. Sono propenso a ritenere che le differenze tra le mie misurazioni e le previsioni siano imputabili più alla mia difficoltà nel determinare gli istanti esatti del II e III contatto piuttosto che in una imprecisione dei calcoli.